Nell’Antico Testamento i profeti ebbero la missione di annunciare la conversione a chi aveva deviato dalla sua Vocazione di sequela del Dio di Israele che li portò, ai tempi dell’Esodo (Os, 2,17) a camminare verso la terra promessa.

La Vocazione vincenziana è realtà profetica. Davanti la tentazione dei ministri della Chiesa di cercare se stessi(Non è vero che insensibilmente cerchiamo noi stessi, ci lusinghiamo, non ci opponiamo alla natura, che desidera solo soddisfarsi?XI, 600) San Vincenzo seppe rispondere alla chiamatadi Dio, discernendoil cammino di profezia del suo tempo per le sue congregazioni e confraternite della carità, e nel caso della piccola compagnia seppe concretizzare in questi termini:  

Lo stato di missionario è una condizione di vita conforme alle massime evangeliche e consiste nel lasciare e abbandonare tutto come gli apostoli, per seguire Gesù Cristo e fare ciò che Egli stesso ha fatto. (X, 1).

La verità è che non sono stato mai favorevole all’uso di termini mercantili per riferirmi a temi di Pastorale Vocazionale, ma facendo un’eccezione, potremmo affermare che l’unico prodotto che abbiamo da offrire ai giovani del secolo XXI è una proposta missionaria (Vocazione) che si traduce in una maniera di intendere, sentire e seguire Cristo che come lo vediamo nel sigillo della Congregazione, è il Gesù di Nazareth che percorre città e villaggi evangelizzando i poveri (Lc 4, 16-21 e Mt 9,35-36).

Tanto i capi delle nostre province, gli animatori vocazionali e gruppi che sostengono il Pastorale Vocazionale, dovranno essere capaci di non limitarsi ad intervistare alcuni interessati (quando si ha la fortuna di averli) per applicargli i criteri di per sé necessari per l’accompagnamento ai giovani e i possibili ingressi ai nostri seminari. Certamente abbiamo bisogno di qualificare confratelli competenti per accompagnare nei processi dalla promozione delle vocazioni fino alla formazione iniziale e permanente, se vogliamo uscire dalla cultura dell’improvvisazione; ma in realtà la sfida va più in là.

La trasversalità della Pastorale Vocazionale, o meglio, la vocazionalizzazione della missione, gioca un ruolo centrale nel cammino verso una cultura rinnovata delle vocazioni, e questo è possibile solo quando si riesce ad incantare, primo quelli di dentro i propri missionari, e poi quelli di fuori, le nuove generazioni, della bellezza e la gioia della Per strano che sembri, in una modernità liquida dove non è attraente l’idea di rinuncia, dove il divertimento ed il piacere sembrano avere ipnotizzato le nuove generazioni, in quello stesso scenario troviamo un’enorme opportunità per proporre la Vocazione del missionario vincenziano: i giovani sono sommamente sensibili ai vissuto che includono la vita delle persone in progetti che siano coerenti col sistema di valori che si annuncia nel discorso. In realtà il peggiore nemico della Pastorale Vocazionale è il lamento che gli stessi giovani hanno lanciato nella riunione pre-sinodale: Le immagini false di Gesù lo privano di fascino agli occhi dei giovani.

Terminiamo allora questa prima serie di articoli vocazionali intavolando una riflessione all’interno della nostra congregazione: riusciamo ad essere capaci di proiettare l’immagine di Cristo alla stessa maniera dei nostri Fondatori? Ci manca passione della chiamata alla Sequela di Gesù Cristo Evangelizzatore dei poveri? Potranno le nuove generazioni trovare nelle Comunità della Congregazione della Missione la testimonianza vivente di pastori con odore del povero che chiede la sfida di unirsi essi stessi alla Sequela di Cristo che ci presenta Lc 4, 18?

Rolando Gutiérrez C.M.
Vice-Provincia de Costa Rica

Foto: Vero Urbina
Provincia de Peru