Il tema di questa quarta giornata ci tocca molto da vicino: San Vincenzo de Paoli e la pastorale vocazionale. P. Andrés Motto nella sua relazione ha toccato in modo particolare 2 punti: la storia della CM nel campo della promozione vocazionale e il contributo di San Vincenzo de Paoli alla teologia delle vocazioni, arricchendo il tutto con alcune letture tratte dagli scritti di San Vincenzo.
Circa il primo punto, il padre ripercorre il periodo storico la storia della Chiesa francese del XVI –XVII sec. Ricorda come il Concilio di Trento rese obbligatori i seminari per formare dei buoni sacerdoti e cominciò a pubblicare decreti a livello disciplinare più che dogmatico relativi al sacerdozio. In Francia queste innovazioni furono recepite tardi. Vincenzo de Paoli si inserì in questa linea: riformare il clero con la direzione dei seminari il cui numero andava sempre più crescendo in tutta la Francia. Dopo aver descritto le condizioni del clero dell’epoca, P. Motto ha sottolineato come per San Vincenzo fosse importante il discernimento motivazionale sulla scelta sacerdotale, proprio a partire dalla sua esperienza vocazionale. Il sacerdozio, per la sua altissima dignità, non poteva essere strumentalizzato come un rifugio o un mezzo per raggiungere il potere. Ma, ad imitazione del Figlio di Dio, esso è un servizio alla Chiesa e ai poveri in modo particolare.
Per quanto riguarda il secondo punto: per san Vincenzo la scelta della formazione dei sacerdoti fu quasi “naturale”, in quanto per lui tutto convergeva sull’ evangelizzazione dei poveri campagnoli e i seminari entravano proprio in quest’ottica, ossia dare continuità all’evangelizzazione dei poveri con la formazione di buoni sacerdoti. Per lui era fondamentale non il numero, ma la qualità dei chiamati. Faceva riferimento sempre a Dio e alla sua chiamata dall’eternità quando vi erano buone persone che chiedevano di far parte della Piccola Compagnia. Una caratteristica fondamentale di San Vincenzo era quella di non convincere nessuno ad entrare in congregazione. Esortava ad entrare in comunità, solo quando capiva che era volontà di Dio. Una delle motivazioni per cui i vescovi affidavano alla CM la direzione dei seminari era proprio questa: il senso del distacco e della santa indifferenza; i vincenziani non “rubavano le vocazioni”. Ciò che per il Santo era importante, era adorare la volontà di Dio che si manifestava nella storia dei singoli e nelle loro scelte, e non nella grandezza del numero o nell’espansione della Compagnia.
È stato interessante scoprire quali fossero i criteri di discernimento che San Vincenzo applicava a coloro che chiedevano di far parte della Compagnia: buono spirito e buona volontà (cioè che avessero la capacità di vivere una buona vita cristiana e di assimilare le virtù proprie della CM); capacità di adattamento alla vita interna ed esterna della CM; buona capacità di studio; una buona salute.
Chi era, invece, da escludere dalla scelta vocazionale vincenziana? Coloro che non erano portati per i poveri; chi si lamentava in continuazione; i tipi melanconici depressivi; gli instabili che passavano di convento in convento, da congregazione in congregazione; coloro che mostravano un senso debolissimo di autonomia dalla famiglia.
Entrati in congregazione con l’inizio del Seminario interno, San Vincenzo faceva predicare loro un ritiro spirituale, che li aiutasse ad un maggiore purificazione delle loro motivazioni vocazionali e, soprattutto, che diventassero consapevoli del cambiamento di stile di vita che li attendeva.
Alle 12:00 è terminata la conferenza, per lasciare seguito al pranzo e al riposo pomeridiano.
Nel pomeriggio alle 14:30 ha avuto seguito un giro per Parigi sui luoghi vincenziani; alle 18:00 messa con vespro e a seguire la cena.
P. Luigi Cannato cm (Missionari Vincenziani Albania – Regione Albania)