La seconda settimana del corso, nella prima parte della giornata di Lunedì, è iniziata con l’intervento di P. Alvares, assistente CM, sul tema: “Promozione vocazionale e Ratio Formationis CM” (da qui in poi: RFCm). Dopo aver introdotto con i saluti, il Padre ha ritenuto opportuno porre un chiarimento lessicale, secondo cui pastorale vocazionale e promozione vocazionale, pur essendo espressioni diverse, sono equipollenti nel loro significato. In questa introduzione, Alvares ha posto un confronto tra la RF della Chiesa (da qui in poi RFXSA) (2016) e la RFCm (2014). Ha sottolineato che la RFCm è ad experimentum, in quanto necessita di confrontarsi con la RFXSA, formulata due anni dopo la RFCm. Si notano delle differenze tra le due Ratio, tra cui la più importante è la seguente: la formazione vincenziana è l’asse più importante che da colore e forma a tutta la RFCm. Il relatore ha articolato la sua conferenza su 3 punti:
a) 4 Costatazioni della Promozione vocazionale nella RFCm:
1) La pastorale vocazionale occupa un intero capitolo nella RFCm, il secondo: questo indica come sin da questa prima fase sia necessario un buon e sano discernimento;
2) varietà delle situazioni nelle diverse province della CM: esistono province con un alto numero di vocazioni e altre con un numero bassissimo; la RFCm ci invita a nutrire speranza anche in quei territori in cui esse mancano;
3) il ministero della promozione vocazionale ha come obiettivo primario non il reclutamento di vocazioni per il sostentamento delle istituzioni o ministeri, quasi a trovare sostituiti che occupino posti, ma il sostentamento e lo sviluppo del carisma vincenziano nella Chiesa;
4) l’impegno della promozione vocazionale riguarda tutta la provincia; è un’azione corale e non solo di poche persone.
b) Sfide della RFCm nella promozione vocazionale: è possibile distinguere 3 sfide emergenti dalla nostra Ratio.
1) Lo stile della pastorale vocazionale deve essere personalizzato, e non solo di gruppo. Ciò significa impegno per l’accompagnamento personale nell’ascolto e nel discernimento del giovane con la sua singolarità e la sua storia;
2) La pastorale vocazionale deve essere orientata alla persona di Cristo. Qui c’è da chiedersi: quando un giovane si avvicina alle nostre opere, case, ministeri, etc, prespira subito la presenza di Cristo? Quello che facciamo e siamo riflette la presenza del Cristo evangelizzatore dei poveri?
3) Quale metodologia? La RFCm propone tre azioni: a) non aver paura di proporre ai giovani direttamente con la testimonianza e le parole la nostra vocazione; b) discernimento attivo, che implica condurre il giovane a Cristo affinché lui stesso si ponga la domanda: “Signore, cosa vuoi da me?”. Quindi scrutare il mondo delle sue motivazioni, integrando l’aspetto psicologico e spirituale. C) Ammissione: avere una fase di tempo adeguata (da 1 a 2 anni) che dipende dalla provincia per attuare questo discernimento iniziale.
c) Questioni pratiche: Alvares ha toccato alcune questioni riscontrate in alcune province
1) le vocazioni “tardive”: la RFCm pone come limite di età per entrare nella CM 40 anni. Il criterio, però, non è rigido, ma ogni caso va sottoposto a serio discernimento. La sfida di questi casi è la formazione;
2) relazione tra la pastorale vocazionale e la commissione provinciale: dialogo e collaborazione tra le due commissioni sono fondamentali. Sarebbe meglio che il promotore vocazionale faccia parte dell’équipe formativa.
3) Candidati con tendenze omosessuali: bisogna distinguere i casi. Vale la pena seguire il documento della santa sede del 2005 circa i “Candidati al sacerdozio con tendenze omosessuali”;
4) Salute fisica: è necessario che il candidato faccia uno screening medico, con analisi complete; che il candidato narri tutte le patologie fisiche, interventi subiti etc per discernere se da un punto di vista fisico sia adatto o meno alla vita missionaria;
5) lo stesso dicasi per la salute psichica. L’intervento dello psicologo o psicoterapeuta è necessario per avere un’idea generale della salute psichica del candidato. Inoltre serve a capire le sue risorse e i suoi punti fragili.
Nella seconda parte della giornata P. Fédéric Pellefigue, ha invitato i corsisti a riflettere sulle tappe di percorsi pedagogici da sviluppare nella pastorale vocazionale. Si può parlare veramente di un percorso pedagogico universale, teorico, valido per tutti? Chiaramente no, perché ogni pedagogia è influenzata dalla cultura del posto. Il relatore ha subito messo in chiaro che più che dare risposte, il suo scopo è suscitare domande le cui risposte vanno cercate insieme. Per questo la relazione è stata dinamizzata con gli interventi dei partecipanti. La sua esposizione è stata articolata in 3 parti:
1) le tappe del processo della pastorale vocazionale e gli itinerari di accompagnamento;
a) Quale pedagogia vocazionale? Per quali giovani? La pastorale vocazionale si rivolge a tutti perché essa è finalizzata non tanto a cercare membri per la CM, ma ad aiutare i giovani a scoprire il loro posto nella Chiesa e nel mondo. Ma chi sono i giovani a cui si rivolge in modo particolare? Le ricerche sociologiche affermano che sono coloro la cui età varia dai 20 ai 30 anni. La giovinezza finisce quando si realizzano alcuni o tutti dei seguenti criteri: termine degli studi e ricerca del lavoro; autonomia abitativa; sposarsi; diventare padre/madre. A chi vogliamo rivolgerci? E inoltre quale profilo di missionario vogliamo comunicare? Dall’insegnamento di San Vincenzo possiamo dire: un uomo di preghiera, un uomo di virtù, aperto al mondo, alla missione, servo dei poveri, uomo dalle relazioni funzionali. Il padre mette in evidenza che la proposta va differenziata a seconda dell’età. La sua riflessione ha aperto in aula una discussione circa l’attualità o meno delle scuole apostoliche.
b) Tappe della formazione: si possono riscontrare tre tappe. La prima è l’incontro disinteressato con tutti i giovani (ascolto, relazione, vicinanza); la proposizione (diffusione dell’informazione vocazionale, sul “chi siamo noi” e l’appello esplicito). Infine si trova l’accoglienza e l’accompagnamento per coloro che fanno domanda. Qui l’autore ha esortato ad aiutare il giovane, in questa fase a conoscere se stesso, la sua storia, la validità oggettiva delle sue motivazioni. L’animatore vocazionale deve saper cogliere la correttezza dell’oggettività della domanda e valutare il grado di maturità del soggetto. È bene che queste fasi abbiano dei limiti di tempo, che normalmente vanno da un anno a 2/3 anni massimo.
2) L’agente della pastorale vocazionale
a) il promotore vocazionale non è colui che traccia il cammino, ma colui che lo indica; pertanto è servo, non padrone del giovane; è un testimone che sa comunicare la gioia della vocazione che porta dentro di sé e che conduce a Cristo. Quindi è un provocatore, nel senso aiuta il giovane ad assumersi il coraggio di fare una scelta nella vita.
b) Pertanto presenta: le caratteristiche di un uomo felice e fiero della sua vocazione. Sa fare pastorale vocazionale con humor (come effetto della gioia che porta dentro di sé); sa assumere lo stesso linguaggio dei giovani e, infine, non è individualista, ma sa coinvolgere gli altri confratelli nella pastorale.
3) Aspetti canonici: il padre illuminato alcuni aspetti del diritto canonico, degli statuti e della RFCm relativi alla pastorale vocazionale.
P. Luigi Cannato cm (Missionari Vincenziani Italia – Regione Albania)