Parigi, 28 – 11 – 2018
Oggi non è più possibile parlare di vocazione e di discernimento vocazionale senza l’integrazione delle scienze umane, prima tra tutte la psicologia. P. Jacek Piotrowski cm ha introdotto i corsisti in questo tema. Egli ha sviluppato la sua conferenza in due punti.
a) L’importanza della psicologia nella formazione umana. Dopo aver sottolineato il significato della formazione umana con le sue caratteristiche (identità stabile, mascolina, capacità di cooperazione e collaborazione, fedeltà alle decisioni, conoscenza di sé, capacità di correggersi, etc) secondo i documenti della Chiesa, il relatore ha sottolineato tutta la positività di questa scienza umana. La psicologia è utile non solo per sottolineare gli aspetti conflittuali della persona, ma anche per aiutarli a guarire e a evidenziare le potenzialità positive della persona. È uno strumento utile per conoscere il giovane candidato. Il relatore ha sottolineato due tipi di posizioni disfunzionali difronte ad essa, oggi presenti nella Chiesa e nella CM: spiritualismo disincarnato e psicologismo come bacchetta magica come soluzione di tutti i problemi. La visione più giusta è quella dell’integrazione, dove ciascuna delle due dimensioni si integrano; psicologia e vocazione sono come due facce della stessa medaglia. Non esiste una vocazione disincarnata dai dinamismi umani. La psicologia aiuta a conoscere questi meccanismi; aiuta la persona ad una risposta più libera di fronte a Dio. Se la vocazione è dono di Dio, la psicologia ci dice la capacità del candidato di rispondere a questa chiamata. Misura il suo livello di maturità. Ma a quale psicologia rivolgersi? Non ad una qualsiasi psicologia, ma a quella aperta al senso del trascendente e ai valori evangelici.
b) La psicologia nel discernimento vocazionale. Non tutti i soggetti che chiedono di entrare in comunità o nei seminari sono adatti alla vita missionaria, sacerdotale. I mezzi per un buon discernimento sono: anzitutto la comunità; l’accompagnamento. Qui bisogna chiedersi: chi è l’accompagnatore, quale la sua maturità, è un uomo che riflette la santità di Dio? Il padre ha offerto dei criteri per valutare il giovane a livello spirituale (preghiera continua, capacità di combattimento; fiducia in Dio, saper morire a se stesso, essere prudenti con se stessi); le attitudini del candidato e presenza di possibili disordini di personalità (salute fisica, mentale, i diversi disordini di personalità; tendenze omosessuali). Nella fase dell’entrata bisogna tener conto anche della provenienza familiare con dinamiche disfunzionali (alcolismo, divorzi, trascuratezza); presenza di problemi particolari (neurosi; depressioni, disfunzioni sessuali; dipendenza da pornografia, masturbazione compulsiva; giovani abusati in età infantile/adolescenziale; giovani appena proseliti; mammoni e viziati).
Nel pomeriggio P. Rolando Gutierrez cm (uno dei membri del CIF che ha preparato questa sessione con la scelta di argomenti e relatori) ha messo in evidenza il “come vincenzianizzare” la cultura vocazionale e il modello integrativo vincenziano della formazione. Ha articolato il suo intervento in 3 punti. Chiarisce il concetto di processo applicato alla formazione. Esso va inteso non tanto come una linea retta progressiva crescente, obliqua dal basso verso l’alto; ma al contrario come una spirale al cui centro è Cristo. Nel primo concetto la formazione viene intesa come un proseguimento di tappe, al termine delle quali si crede di essere formati. Il secondo concetto esprime crescita, ritorno continuo su tutte le dimensioni della vita. È questo secondo concetto che va applicato alla formazione e alla cultura vocazionale.
a) Visione d’insieme: il relatore con uno sguardo di sintesi sul lavoro svolto in tutti questi giorni fino ad oggi, mostra come tutti gli argomenti trattati secondo le cifre del contesto, criteri, elementi e strumenti, seguono un filo logico di un cammino che ci porta alla maturazione di un piano provinciale per la creazione di una cultura e pastorale vocazionale.
b) Modello formativo integrativo vincenziano: è necessario creare un modello di formazione che sia integrativo di tutte le dimensioni della formazione vincenziana. Per cui, rifacendosi a Cencini, presenta 5 modelli che finora si sono diffusi sia nella cultura delle vocazioni sia nella formazione. Ciascuno di essi ha obiettivi, modalità, aspetti positivi e critici, ma che non ricalcano le orme dell’integrazione. Pertanto oggi sarebbero poco adatti alla formazione. Infine presenta il modello di integrazione il cui obiettivo è ricapitolare la persona in Cristo, Evangelizzatore dei poveri; con la modalità di centrare la persona sull’asse del voto della stabilità a cui seguono gli altri voti e le 5 virtù vincenziane. Sottolinea poi i vantaggi e l’aspetto critico consistente nello sforzo di integrare il passato con le sue ferite. Per noi vincenziani gli aspetti critici sono anche: la preparazione dei formatori, la poca convinzione dei superiori e le continue emergenze che rischiano di mettere da parte l’importante. Questo tipo di progetto applicato ai vincenziani mette in evidenza quei tre aspetti a cui ha accennato Cencini: teologia (le convinzioni: “Dio ci ha chiamati ad essere missionari e per l’eternità” diceva S. Vincenzo), la teofania (evangelizzare la sensibilità: spiritualità, comunità e missione), la teopatia (la prassi: S. Vincenzo si fa carico dei poveri con gesti non di eroismo, ma quotidiani. Scopre la dignità della persona sul piano umano oltre che spirituale. Per loro crea delle strutture: FdC, CM, AIC).
c) Orientamenti per un progetto di Pastorale Vocazionale Provinciale: come concretizzare tutto questo nelle nostre province? Secondo il Padre è necessario avere in Provincia due tipi di strutture:
1) Servizio di animazione vocazionale chiamato a vocazionalizzare tutta la pastorale e a presentare la Pastorale vocazionale come Kerigma;
2) Processo di accompagnamento e discernimento in rete con tutta la FamVin.
Per entrambi è necessario che si identifichino: gli agenti e le strategie attuali (quello che si fa in provincia) e le strategie possibili con gli agenti che potrebbero mettere in atto.
P. Luigi Cannato cm (Missionari Vincenziani Italia – Regione Albania)