L’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’, sulla cura della casa comune, porta la data del 24 maggio 2015. In occasione del suo quinto anniversario lo stesso Pontefice ha indetto una settimana, che inizia oggi, 16 maggio, e si concluderà proprio il 24 maggio. L’intento del Santo Padre è di sollecitare il mondo intero a rispondere concretamente alla crisi ecologica mondiale, perché il grido della terra e dei poveri non può più aspettare. L’occasione è anche per noi motivo di porci alcune domande: che cosa abbiamo fatto in questi cinque anni? che cosa è cambiato nel nostro stile di vita? che cosa possiamo o dobbiamo cambiare con più coraggio e radicalità?

Fin dalla sua pubblicazione l’enciclica ha introdotto nel dibattito comune alcune espressioni che oggi si sono imposte all’attenzione di tutti, come quella di una “ecologia integrale” (cui è dedicato l’intero capitolo IV), come quella che “tutto è connesso” (cfr. nn. 117 e 138), come quella che “non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” (n. 139). Certo, c’è anche il rischio che queste espressioni diventino semplici slogan, con una rapida banalizzazione del loro contenuto. 

Eppure, dobbiamo riconoscere che in questi cinque anni molte cose sono cambiate o stanno cambiando: la Laudato Si’ ha profondamente influenzato il nostro sguardo sulla realtà e anche il nostro stile di vita, spingendoci ad intraprendere nuovi percorsi e ad avviare nuovi processi. L’enciclica contiene in sé una “carica generativa”, che non si è ancora esaurita, anzi portata in sé una vitalità insospettata, che non ha ancora finito di portare i suoi frutti.

Guardare il creato attraverso la Laudato Si’

Tra gli insegnamenti dell’enciclica c’è certamente quella di averci aiutato a leggere la realtà prestando attenzione alle connessioni tra le molteplici dimensioni della nostra vita: ecologica, economica, politica, sociale, culturale, etica, spirituale, ecc.

Ciò si è rivelato di grande attualità mentre ci confrontiamo con la pandemia di COVID_19. Si tratta evidentemente di un “fenomeno globale”, che coinvolge la popolazione mondiale a livello planetario. Si tratta anche di un “fenomeno integrale”, nel senso che attraversa tutte e dimensioni della nostra vita: personale, familiare e sociale. Riguarda la medicina e la sanità, ma al tempo stesso anche l’economia ed il lavoro, le nostre abitudini quotidiane e il nostro immaginario collettivo. Impatta il nostro rapporto con i social media e le nuove tecnologie, come pure la nostra spiritualità, ponendoci delle domande di senso che non possiamo facilmente rimuovere dalla nostra coscienza. 

D’altra parte la pandemia è solo un esempio, certo quello di maggior attualità in questo momento, di un “fenomeno strutturale” che ha tante sfaccettature: dai cambiamenti climatici ai movimenti migratori, dal dramma degli sfollati e rifugiati in fuga da fame e guerre alle crisi della democrazia di fronte alla minaccia dei sovranismi populistici, dall’urgenza di una finanza rispettosa della sostenibilità alle nuove sfide della dignità del lavoro nell’epoca dell’industria 4.0 e via dicendo.

Di fronte a tutti questi fenomeni, profondamenti diversi tra loro, ma anche con un unico comun denominatore, il paradigma dell’ecologia integrale si rivela particolarmente utile per accompagnare ed orientare i processi di globalizzazione in atto, con tutte le loro interconnessioni e trasversalità. 

Rileggere la Laudato Si’ a partire dalla realtà

Una rilettura dell’enciclica in questa “Settimana Laudato Si’” ci permette di riflettere su alcuni passaggi necessari, particolarmente in questo tempo di pandemia. Possiamo ad esempio comprendere meglio l’invito di Papa Francesco a “globalizzare la solidarietà”. 

Stiamo prendendo sempre maggior coscienza che non possiamo più intendere la solidarietà in chiave geografica: sperimentiamo infatti come atti di solidarietà lo stare in casa, il rispetto delle misure di distanziamento di sicurezza (non mi piace parlare di “distanziamento sociale” che induce l’idea per sé negativa di “isolamento sociale”) e l’uso dei dispositivi di protezione. 

La solidarietà assume oggi nuovi volti, nuove sfaccettature. Globalizzare la solidarietà significa viverla entro spazi privati e quotidiani, liberandola dalla visione assistenzialistica che l’ha caratterizzata per secoli, specialmente in ambito ecclesiale. 

Nella situazione attuale non è accettabile quella mentalità individualistica che non riesce a concepire un sacrificio a favore della collettività e che espone sé e gli altri a gravi rischi per la salute, infischiandosene delle misure di contenimento del contagio. 

Una rilettura attenta della Laudato Si’ in questa “Settimana Laudato Si’” ci aiuta a mettere in discussione le chiusure egoistiche dei singoli Paesi europei sui propri interessi nazionali, che impediscono all’Unione Europea di arrivare a soluzioni condivise, per “dare maggior spazio a una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose” (LS, n. 181) o che sostengono la smania di profitto a breve  o brevissimo termine a prescindere da considerazioni  sugli effetti sociali ed ambientali  delle proprie azioni (cfr. LS, n. 195), uniti magari all’illusione tecnocratica che sia possibile trovare una soluzione tecnica  a qualsiasi problema (coronavirus compreso), senza mettere in discussione la nostre scelte.

Il coronavirus è un dramma per l’intera umanità. Ma, al tempo stesso, è una grande occasione: ci sta aiutando a prendere coscienza dei limiti del nostro stile di vita e a riconoscere l’opportunità per rivedere il nostro modello di sviluppo nella direzione di una maggior giustizia e sostenibilità.

Speriamo che questa pandemia passi presto, ma non per ritornare alla “normalità”, quanto piuttosto per raggiungere un nuovo e urgente obiettivo: quello che la Laudato Si’ chiama una “ecologia integrale”.

Giuseppe Turati, CM
Roma 16 maggio 2020