Cerchiamo di capire e apprezzare ciò che San Vincenzo de’ Paoli voleva per la sua “piccola Compagnia”.
In questo campo, tre aspetti emergono nella mentalità del Fondatore:
- La Congregazione della Missione è un dono della misericordia di Dio alla Santa Chiesa di Dio. È l’opera delle sue mani, mai il frutto della volontà umana. Guardiamo il pensiero del Fondatore, leggiamo la sua eredità:
“Oh Salvatore! Non ci ho mai pensato. È Dio che ha fatto tutto. Noi uomini non abbiamo avuto alcuna parte in tutto questo. Per quanto mi riguarda, quando penso al modo in cui Dio ha voluto far nascere la compagnia nella sua Chiesa, vi confesso che non so che parte ho avuto in essa, e mi sembra un sogno tutto ciò che vedo. Tutto questo non è umano, ma di Dio! Chiamereste umano ciò che la comprensione dell’uomo non ha mai previsto, ciò che la sua volontà non ha minimamente desiderato o cercato? … tutto è stato fatto contro le mie aspettative e senza che mi preoccupassi di nulla. Quando ci penso e vedo tutti i compiti che la Compagnia ha intrapreso, mi sembra davvero un sogno, mi sembra di sognare, non so dirvi. Sono come il povero profeta Abacuc, che fu preso per i capelli da un angelo e portato lontano per confortare Daniele, che era nella fossa dei leoni; poi l’angelo lo riportò nel luogo da cui lo aveva preso, e quando si vide nello stesso luogo da cui era uscito, pensò che fosse stato tutto un sogno e un’illusione. S.V.P. XI, 326
- Ma la Congregazione è nelle nostre mani oggi, come lo era ieri nelle mani dei nostri antenati. Questo dono di Dio esige una profonda fedeltà da ciascuno dei suoi membri, fedeltà a vigilare e a donarsi in ciò che siamo e in ciò che abbiamo, moltiplicando i nostri talenti, affinché la Comunità possa continuare a vivere, proseguendo per i sentieri che Dio ci sta mostrando passo dopo passo nella missione. Il Santo lo espresse bene a un missionario:
“Dio non governa le sue opere secondo le nostre idee e i nostri desideri. Dobbiamo far valere il più possibile i pochi talenti che ha messo nelle nostre mani senza preoccuparci di avere talenti più grandi o più estesi. Se siamo fedeli nel poco, Lui ci metterà sopra il molto. Lasciamolo lavorare e chiudiamoci nella nostra piccolezza. La compagnia iniziò senza che noi ci pensassimo; si moltiplicò solo per la benedizione di Dio… Dio sarà contento del nostro abbandono e noi saremo in pace. Lo spirito del mondo è indisciplinato e ama fare tutto. Lasciamo perdere. Non sforziamoci di camminare nelle nostre vie, ma camminiamo nelle vie che Dio vuole mostrarci… Offriamoci a lui per fare ogni cosa e soffrire ogni cosa per la sua gloria e per l’edificazione della sua chiesa”. Lettera a un missionario.
- La Congregazione è l’opera della mano di Dio, che ha naturalmente contato sui nostri talenti. Qui possiamo evidenziare un terzo elemento molto ricco dell’eredità del Fondatore: la grande fiducia nella Divina Provvidenza. Con grata memoria, come possiamo dimenticare la sua opera nel nostro glorioso passato, la sua continua presenza in questo tempo presente, con tante luci e non poche ombre, e come possiamo diffidare della sua presenza nel futuro?
“Abbiano piena e perfetta fiducia in Dio, padri e fratelli miei, e siamo sicuri che se egli ha iniziato la sua opera in noi, la porterà a buon fine (Fil 1,6). Perché chi è che ha fondato la compagnia? … È stato Dio, la sua paterna provvidenza e la sua pura bontà. È Dio, dunque, che ha fatto tutto questo, e per mezzo delle persone che ha giudicato opportune, affinché tutta la gloria sia sua. Riponiamo dunque la nostra fiducia in lui; perché se la riponiamo negli uomini, o se ci appoggiamo su qualche vantaggio della natura o della fortuna, allora Dio si allontanerà da noi. Ma – dirà qualcuno -, bisogna trovare degli amici per se stessi e per la compagnia. Fratelli miei, stiamo molto attenti a non ascoltare questo pensiero, perché ci sbaglieremmo. Cerchiamo solo Dio, ed Egli ci darà gli amici e tutto il resto, così che non ci mancherà nulla. (Sal.13,11) Volete sapere perché abbiamo fallito in alcuni compiti? Perché abbiamo fatto affidamento su noi stessi”. S.V.P. XI, 731
E da qui, qualche riga finale:
– Durante la sua recente visita apostolica in Grecia, il 4 dicembre, Papa Francesco, in un incontro con i suoi confratelli gesuiti, ha notato tra l’altro il crescente declino e indebolimento della Compagnia. Questo declino è “un fatto comune a molti ordini e congregazioni religiose. Ha un significato e dobbiamo chiederci quale sia. In definitiva, questo declino non dipende da noi. La vocazione è comandata dal Signore.”
E venendo a noi, guardiamo il picco più alto che abbiamo mai avuto: 1966: eravamo 6.284 missionari in 539 case… ma come “Grande Compagnia” siamo diminuiti, oggi nel 2021, siamo 3.396 missionari in 492 case. Cfr.www.catholic-hierarchy.org.
E qui, sono d’accordo con il Papa quando afferma che le vocazioni dipendono da Dio, ma aggiungerei che, tra gli altri fattori, un buon esame di ognuno di noi che formiamo questa famiglia dovrebbe portarci a interrogarci sulle cose buone che hanno attirato i giovani nella Compagnia, o sulle mancanze che hanno tenuto le vocazioni lontane dalle nostre case.
– Una seconda riflessione è stata ispirata dal nostro emerito Superiore Generale Robert Maloney, che durante la sua visita a Taipei, Taiwan, nel novembre 1999 disse: “…nel 1949 avevamo centinaia di missionari in Cina, oggi ne abbiamo meno di 50. Ma la storia ci insegna che i numeri non sono la cosa più importante. In diversi periodi in cui eravamo relativamente pochi di numero, abbiamo avuto un grande impatto per l’influenza esercitata da pochi ben preparati”.
E passando alla realtà della provincia di Colombia, possiamo affermare, basandoci sulla storia, che mai in più di 150 anni di radicamento nella nostra terra, siamo stati così tanti come oggi. E credo che in altre regioni della Comunità si possano vedere oggi realtà come queste. E poi viene la questione, per pregare davanti al Signore e riflettere su di essa tra di noi: Stiamo forse venendo meno all’ardore e allo zelo di coloro che ci hanno preceduto sul cammino missionario? Ci siamo dedicati come ieri al servizio dei poveri e all’evangelizzazione del clero?
Per concludere, riassumo così le riflessioni precedenti: la Congregazione della Missione è uscita dalle mani del Signore, è diventata un albero fecondo con la sua grazia e la fecondità dei talenti dei nostri anziani, sempre con piena fiducia nella Divina Provvidenza. Seguiamo il dettame attribuito a Sant’Agostino e a Sant’Ignazio di Loyola, ma oggi più certamente al gesuita ungherese Gabriel Hevenesi (1656-1718): “Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da te.”. E con la forza della Parola di Dio, che San Paolo ci regala in Filippesi 3,16, guardiamo sempre al futuro con fede sicura, carità sollecita e speranza gioiosa: “Dio ci illuminerà. Tuttavia, qualunque sia il punto a cui siamo arrivati, continuiamo sulla stessa strada”.
Marlio Nasayó Liévano, c.m.
Provincia de Colombia