La Chiesa Cattolica e gli investimenti etici.
La Dottrina sociale della Chiesa con l’enciclica “Centesimus annus” di Papa Giovanni Paolo II nel 1991, con l’enciclica “Caritas in veritate” di Papa Benedetto XVI, che invita ad un’etica della finanza nel 2009 e con l’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco nel 2015, ha sempre ribadito l’importanza di sviluppare un sistema economico globale e sostenibile.
In Italia, gli investimenti eticamente e socialmente responsabili secondo la teologia morale cattolica ricevono una certificazione dalla Nummus dopo un’analisi condotta secondo quanto disposto dalla Conferenza Episcopale Italiana.
La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (United States Conference of Catholic Bishops o USCCB) ha dedicato uno studio importante per la stesura delle “Linee guida all’investimento socialmente responsabile” al fine di proteggere la vita umana contro le pratiche dell’aborto, della contraccezione e dell’uso di cellule staminali embrionali e della clonazione umana. Le Linee guida USCCB promuovono inoltre la dignità umana contro ogni discriminazione, l’accesso ai farmaci per tutti, ma indicano anche di non partecipare ad imprese che promuovono la pornografia, che producono e vendono armi e incoraggiano ad investire in società che perseguono la giustizia economica e pratiche di lavoro eque, che proteggono l’ambiente e la responsabilità sociale delle imprese stesse.
Anche l’azionariato attivo che si basa sui valori della fede è molto presente negli Stati Uniti attraverso la “Interfaith Center on Corporate Responsibility”. Nel 1971, per prima presentò una mozione contro la General Motors perchè violava i diritti umani avendo rapporti commerciali con il Sudafrica durante l’apartheid.
Oggi ci sono dei fondi e degli indici che si basano su principi cattolici nella valutazione dei titoli da inserire nel portafoglio, eseguendo screening che seguono la morale cattolica. Esistono fondi passivi che replicano un indice benchmark e fondi bilanciati attivi, classificati come etici e in accordo con la morale cattolica, sulla base di rating che non solo seguono i principi ESG ma anche la morale della Chiesa Cattolica. I rating possono cambiare di anno in anno in modo da permettere agli investitori e ai consulenti finanziari di valutare nel tempo i prodotti etici.
Impact Investing.
La strategia dell’impact investing, che ha origine nella microfinanza, ha diversi aspetti rilevanti. Generalmente riguarda il Private Equity, il Venture Capital e le infrastrutture verdi, ma a poco a poco si sta espandendo ad altre forme di investimento. Gli investimenti in patrimoni privati e in venture capital non sono accessibili a tutti gli investitori per cui l’impact investing si sta indirizzando anche verso il “public equity” ossia verso i mercati regolamentati.
L’impact investing nei mercati regolamentati permette la presenza di tutti gli investitori, non soltanto di quelli istituzionali come accade negli investimenti in Private Equity.
Per essere classificate come investimento ad impatto, le imprese quotate nelle quali si investe devono soddisfare dei criteri materiali, devono quindi permettere di risolvere un grave problema ambientale o sociale e devono soddisfare criteri di addizionalità, ossia devono portare un valore aggiunto. Attraverso i propri prodotti o servizi le imprese in cui si investe devono rispondere ad un’esigenza che non è stata soddisfatta dai competitor o dai Governi. Per far ciò, queste aziende devono utilizzare tecnologie all’avanguardia, modelli di business innovativi e rispondere a richieste di popolazioni svantaggiate.
Inoltre i soli mercati privati non sono in grado di soddisfare tutta la richiesta di investimenti a impatto sociale; l’investimento in azioni e obbligazioni scambiate nei mercati regolamentati può soddisfare maggiormente questa esigenza, per cui c’è un contributo anche a livello di asset class.
La strategia d’investimento ad impatto sociale è molto utilizzata dagli investitori cattolici istituzionali perché mira a combattere le disuguaglianze sociali delle popolazioni delle aree più povere e svantaggiate del mondo generando comunque un rendimento finanziario.
La Chiesa Cattolica ha sviluppato un grande interesse nell’impact investing, con orizzonte temporale di medio-lungo periodo, sia ricercando profitto e solidarietà, sia in opere caritative le quali non necessariamente produrranno un rendimento finanziario.
A mio personale avviso serve un approccio ibrido all’impact investing, unendo per esempio in un fondo degli investimenti in Private Equity e degli investimenti in società quotate, così da creare un buon prodotto che unisce l’investimento a impatto sociale alle strategie del value investing, ricercando titoli sottovalutati da comprare e tenere per lunghi periodi.
La necessità di investire senza escludere i principi di sostenibilità e di una prospettiva etica rappresenta una parte non trascurabile degli investimenti. Ci saranno delle persone che argomenteranno che lo scopo dell’investimento è meramente di trarre un profitto, tuttavia è innegabile l’importanza di agire in modo responsabile nel mondo finanziario, per motivi etici o religiosi, ma anche per una prospettiva rivolta al futuro. Gli investimenti di oggi devono essere indirizzati verso il bene comune presente e delle prossime generazioni garantendo all’investitore di ottenere un vantaggio sia finanziario che etico.
Michele Mifsud. Iscritto all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari. Assistente Economo Generale CM