di P. Jean Rolex, CM
Papa Francesco ha pubblicato diverse Lettere apostoliche[1] sui laici, sulla vita, sulla famiglia e sulla giustizia, tra le altre cose. Tra questi, Totum amoris est (26 dicembre 2022) con cui celebra il IV centenario della morte di San Francesco di Sales. Con la pubblicazione di questa nuova Lettera Apostolica “Tutto appartiene all’amore”, sorge una domanda: perché i vincenziani dovrebbero leggere e approfondire questa Lettera? A mio avviso, ci sono tre motivi principali per cui i vincenziani dovrebbero leggere e meditare la lettera sopra citata. Primo motivo: perché fa parte del magistero ordinario della Chiesa. Vale a dire, l’insegnamento attuale della Chiesa.
Tuttavia, per evitare qualsiasi tipo di abuso, la Costituzione Dei Verbum sulla Divina Rivelazione ci ricorda che “Il magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio.” (DV 10)
Per questo motivo, i vincenziani, ricordando le parole di Cristo ai suoi Apostoli: “Chi ascolta voi ascolta me” (Lc 10, 16; cfr. LG 20), devono accogliere con docilità gli insegnamenti e le direttive che i loro pastori danno loro in vari modi[2]. Ma perché dovrebbero ricevere docilmente l’insegnamento della Chiesa? Dovrebbero farlo perché “esiste un legame organico tra la nostra vita spirituale e i dogmi. I dogmi sono luci che illuminano il cammino della nostra fede e lo rendono sicuro. Al contrario, se la nostra vita è retta, la nostra intelligenza e il nostro cuore saranno aperti a ricevere la luce dei dogmi della fede[3]“. In sintesi, possiamo affermare che i vincenziani dovrebbero leggere e studiare a fondo la lettera, perché il magistero della Chiesa ha come scopo: contribuire efficacemente alla salvezza delle loro anime e alla loro crescita nella comprensione della fede (cfr. DV, 10,3).
Secondo motivo: perché si tratta di una lettera che fa riferimento all’eredità spirituale lasciata da San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa. Vero e proprio pastore di anime, riportò alla comunione cattolica molti fratelli che se ne erano separati, e attraverso i suoi scritti insegnò ai cristiani la devozione e l’amore per Dio. Fondò, insieme a Santa Giovanna di Chantal, l’Ordine della Visitazione e rese umilmente l’anima a Dio a Lione il 28 dicembre 1622. Per tutta la vita si è distinto per dire la verità con eleganza e senza ferire nessuno, scrivendo e parlando con una delicatezza tale che nessuno si sentiva disturbato; uno scrittore e un oratore che non cercava la morbosità ma la trasmissione della verità evangelica semplice e schietta. E sapeva come comunicare l’idea che tutto ciò che è autenticamente umano è cristiano. Era un umanista in tutto e per tutto. L’influenza della sua vita e del suo insegnamento sull’Europa dell’epoca e dei secoli successivi fu immensa, e a ragione. La sua figura produce un’impressione di strana pienezza, dimostrata nella serenità della sua ricerca intellettuale, ma anche nella ricchezza dei suoi affetti, nella “dolcezza” dei suoi insegnamenti, che hanno avuto una grande influenza sulla coscienza cristiana.
Dalla parola “umanità” ha incarnato diversi significati che, oggi come ieri, questo termine può assumere: cultura e cortesia, libertà e tenerezza, nobiltà e solidarietà[4].
Terzo motivo: l’affetto personale di Vincenzo per Francesco di Sales. Una stima che si è ulteriormente rafforzata quando i due si sono incontrati di persona. Nell’ottobre 1618, Francesco arrivò a Parigi per la terza volta. Fu in questa occasione, secondo Abelly, il primo biografo di San Vincenzo, che Vincenzo de’ Paoli ebbe modo di conversare direttamente e a lungo con il santo vescovo di Ginevra. Il Francesco che Vincenzo trovò: un Francesco di Sales che, secondo la sua stessa confessione, stava già declinando verso la vecchiaia, ma, soprattutto, un vescovo che aveva incarnato nella sua vita il modello delineato dal Concilio di Trento, e un santo che traboccava di amore di Dio nei suoi rapporti personali e irradiava questo amore nel cuore dei suoi interlocutori.
La sua figura suscita ammirazione e riconoscimento universali, dalla gente semplice della sua diocesi al folto gruppo di numerosi religiosi spirituali che si battono per il rinnovamento della Chiesa in Francia. Anche la nobiltà e la corte reale sono in contrapposizione con la sua presenza[5].
In questo periodo il nostro Vincenzo, come tanti altri, ricevette consigli e indicazioni, discorsi e predicazioni da questo maestro, che raccoglieva il meglio degli insegnamenti e delle conquiste culturali del secolo che stava per finire, conciliando l’eredità dell’umanesimo con la tendenza all’assoluto propria delle correnti mistiche[6].
San Vincenzo, come altri del suo tempo, probabilmente conobbe il santo vescovo “attraverso la sua dottrina spirituale, ampiamente diffusa con la pubblicazione nel 1608 dell’Introduzione alla “Vita devota”, che, come confessa lo stesso Francesco, “fu molto ben accolta in Francia”, e probabilmente anche attraverso il “Trattato dell’amore di Dio”, la cui prima edizione risale al 1616[7].
Di San Francesco, Vincenzo dirà il 17 aprile 1628: “molte volte sono stato onorato dal trattamento di Francesco di Sales”; inoltre, “in base al trattamento familiare con cui mi onorava, il quale, aprendomi il suo cuore, una volta mi disse che, quando predicava, si accorgeva che qualcuno lo muoveva interiormente”.
Certamente l’apprezzamento era reciproco tra i due. In tal modo Francesco di Sales riponeva grande fiducia in San Vincenzo. La fiducia del Santo Vescovo era tale che quando cercò un uomo di virtù e di grande carità e, inoltre, di dottrina e di esperienza per assumere l’ufficio di Padre Spirituale e Superiore della Congregazione che egli stesso aveva fondato, non esitò a scegliere Vincenzo.
Secondo Abelly (1664), “il beato Francesco di Sales, dotato di grande discernimento mentale, e la degnissima Madre de Chantal, così illuminata nella sua intelligenza, giudicarono monsignor Vincent il più degno e il più qualificato per quella posizione, e a cui potevano affidare ciò che era loro più caro e prezioso al mondo”. Alcuni si sono giustamente chiesti: cosa proverebbe il Signor Vincent ad essere apprezzato e lodato da una persona che è a sua volta molto degna di lode? Come vincenziani, oggi diamo ragione al santo vescovo. Non aveva torto nell’attribuire al Sig. Vincenzo un elogio così alto.
L’ammirazione e la venerazione che Vincenzo de’ Paoli professava per San Francesco di Sales crescevano di giorno in giorno. Vincent ricordava: “Quando rivedo nella mia mente le parole di questo servo di Dio, esse suscitano la mia ammirazione a tal punto che sono spinto a credere che egli sia stato l’uomo che meglio ha imitato il Figlio di Dio mentre dimorava su questa terra”. L’incontro con Francesco di Sales intensificò gli sforzi per migliorare il suo temperamento che, secondo Abelly, era “naturalmente bilioso e di temperamento vivace, e quindi molto incline all’ira”[8].
Abelly racconta che la prima volta che monsignor Vincenzo vide Francesco, “riconobbe subito nel suo aspetto, nella serenità del suo volto, nel modo di trattare e di parlare, un’immagine molto chiara della dolcezza di Nostro Signore Gesù Cristo, che aveva conquistato il suo cuore”. In seguito, infatti, Vincenzo esortò i suoi missionari a leggere uno dei libri più letti dell’epoca moderna, “L’introduzione alla vita devota di Francesco di Sales”. Il documento con cui Pio IX, più di due secoli dopo, lo proclama dottore della Chiesa insiste su questa estensione della chiamata alla perfezione, alla santità. Dice: “La vera pietà è penetrata nel trono dei re, nella tenda dei capi dell’esercito, nel tribunale dei giudici, negli uffici, nelle tende e persino nelle capanne dei pastori”.[9]
Questi sono i motivi per cui vi invito, se non l’avete ancora fatto, a leggere e meditare la Lettera apostolica “Tutto appartiene all’amore” di Papa Francesco nel IV centenario della morte di San Francesco di Sales, grande amico dei Vincenziani.
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[1] Per maggiori informazioni sulle lettere, si veda: Lettere apostoliche di Papa Francesco. Dal sito https://www.vatican.va/.
[2] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 87
[3] Catechismo della Chiesa Cattolica, Numero 89
[4] Benedetto XVI (2011). Catechesi su San Francesco di Sales. Recuperato da https://www.vatican.va/
[5] Cfr. López Maside, José Mª (2008). SAN VINCENZO DI PAOLO E SAN FRANCESCO DI SALES (II). Recuperato da https://vincentians.com/
[6] Cfr. Benedetto XVI (2011). Catechesi su San Francesco di Sales. Recuperato da https://www.vatican.va/
[7] Cfr. López Maside, José Mª (2008). SAN VINCENZO DI PAOLO E SAN FRANCESCO DI SALES (II). Recuperato da https://vincentians.com/
[8] Louis Abelly (1664). Vita del Venerabile Servo di Dio Vincenzo de’ Paoli. Fondatore e primo superiore Generale della Congregazione della Missione. Ed. CEME, Salamanca.
[9] Pio X (1877). Brevi immersioni nella misericordia. Recuperato da https://www.vatican.va/