Intervista del Postulatore Generale, P. Serhiy Pavlish, CM, al Superiore Generale, P. Tomaž Mavrič, CM, sull’imminente beatificazione del seminarista vincenziano Ján Havlík!

 

intervistaa Tomaž Mavrič, CM

Caro P. Tomaž, come vede la beatificazione del seminarista slovacco Ján Havlík?

Innanzitutto, è un momento di grande grazia per la Chiesa in Slovacchia, ma anche per tutto il nostro Movimento della Famiglia Vincenziana presente nel mondo. Da un lato, il rito di beatificazione è il riconoscimento ufficiale del martirio di Jánko Havlik, per il quale siamo grati al Santo Padre Francesco. Ma per il nostro Movimento della Famiglia Vincenziana è anche un’opportunità per vedere ancora una volta la vitalità e l’attività del nostro carisma. Il Beato Janko ci mostra con il suo esempio come è riuscito a incarnare la spiritualità e carisma vincenziano nella sua vita, in un periodo storico specifico, difficile. Dall’esempio della sua vita vediamo che l’amore misericordioso per il prossimo è inventivo ed eloquente, e che ci incoraggia a pensare e ad imitare (seguire). La testimonianza della vita del Beato Janko mostra che vale la pena essere coraggiosi nel fare misericordia al prossimo, perché nel fine, il ricompensatore sarà il Padre celeste. Pertanto, vedo la solennità della beatificazione di un membro del Movimento della Famiglia Vincenziana come un invito celeste a rinnovare lo spirito di misericordia per i bisognosi, oltre che un incoraggiamento ad essere sempre pronti di “incarnarla” nella nostra vocazione.

Voleva diventare un sacerdote, un missionario, ma non riuscì e mori a causa di crudeli torture. in che modo la sua storia può ispirarci oggi?

Il Venerabile Jan Havlik è perseguitato per la sua fedeltà alla Chiesa Romana, per il suo aspirare al sacerdozio e per la sua religiosità. Lui fu condannato per aver perseverato nel desiderio di diventare sacerdote, rifiutando di continuare gli studi presso le strutture accademiche organizzate dallo stato ateo.

Lui non svolge un’attività diretta contro il regime comunista, tuttavia non vuole abbandonare i valori della fede e della dottrina cristiana. La sua condanna è l’espressione di un evidente odio alla fede, ma Janko desidera vivere ed esprimere la vocazione al sacerdozio secondo il carisma caritativo e missionario della Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli, seguendo Cristo nel modo più autentico possibile.

La figura e la vita del Servo di Dio, direi è una testimonianza luminosa per tanti giovani non solo in ordine alla fede ma anche all’offerta totale della vita fino al martirio per non cedere a ideologie imperanti contro il Vangelo e la Chiesa. Inoltre, è una testimonianza di zelo apostolico anche in condizioni totalmente difficili e pericolose.

Ogni martire è un testimone, la forte e significativa testimonianza di fede, donata dal Servo di Dio, credo che possa risultare molto significativa per la Chiesa e per il mondo in prospettiva del sempre forte bisogno e dell’esigenza di un efficace annuncio del Vangelo e di una feconda e capillare evangelizzazione e testimonianza di vita, che renda ogni cristiano, secondo la specificità e unicità della propria “vocazione personale”.

In quali modi vi ispira – nel cammino verso il Giubileo?

Stupisce, e nel frattempo ci ispira la tenacia con cui riusciva ad annunciare il Vangelo agli altri carcerati e ad infondere loro speranza. Lui accettò ogni ingiustizia e maltrattamento e ogni sofferenza e malattia con spirito di pazienza, unito alle sofferenze di Cristo.

Nel carcere il Servo di Dio viveva la grazia del momento. Il suo tempo era dedicato per la missione. Si sentiva corresponsabile per tutte le persone con cui viveva e pensava che dovremo interessarci tutti di più a loro e dare testimonianza della nostra fede. Ripeteva ai confratelli incarcerati di mostrare ora quello che c’è in loro, quello che pensavano realmente della loro vocazione missionaria che lui sognava da giovane. In carcere lo chiamavano “il prete” poiché professava i propri valori cristiani e non nascondeva la sua vocazione. Anche dopo la liberazione, Janko testimoniava la fede, sempre considerava il luogo dove era, un territorio di missione.

Nel carcere, Janko ebbe un atteggiamento missionario. Collaborava con i preti incarcerati e organizzava le Messe segrete dopo le quali portava la comunione ai prigionieri. Professava apertamente la propria fede davanti alle guardie. Nella spiritualità del Servo di Dio si nota l’elemento sacrificale, sacerdotale. Lui era sempre cosciente di appartenere alla Congregazione della Missione, e per questo era disposto a soffrire e anche a sacrificare la sua giovane vita. Egli volle prendere su di sé le pene assegnate agli altri. Era consapevole che non gli restava molto da vivere e così offri in sacrificio a Dio tutta la sua vita.

Verrete alla cerimonia di beatificazione a Šaštín e quale e il suo programma in Slovacchia?

Vengo in Slovacchia con grande gioia, avendo l’opportunità di partecipare a tutti gli eventi previsti dal programma, che culmineranno con il Rito di Beatificazione del Venerabile Servo di Dio JÁN HAVLIK il 31 agosto 2024 a Šaštin, nella Basilica dei Sette Dolori della Vergine Maria, alle ore 10:00, presieduto dal Rappresentante del Sommo Pontefice il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi.

Ma il mio cuore è anche pieno di grande gratitudine a Dio per l’opportunità di condividere questa gioia con i membri del Movimento della Famiglia Vincenziana presenti in Slovacchia e con tutti i fedeli che parteciperanno alle celebrazioni.

 

 

P. Serhiy Pavlish, C.M. – Postulatore Generale
per il Team di comunicazione per la celebrazione della beatificazione