L’anno 2025 segna un’importante pietra miliare per la Congregazione della Missione, che celebra il suo 400° anniversario in concomitanza con l’Anno Santo indetto da Papa Francesco. Questo doppio giubileo, ricco di spiritualità e rinnovamento, rappresenta un’occasione unica per i missionari vincenziani di rivestirsi dello Spirito di Cristo e di intraprendere un pellegrinaggio di speranza.

 

400 anni, giubileo durante il giubileo: rivestirsi dello spirito di Cristo come pellegrini pieni di speranza

Celebrazioni giubilari durante il periodo del Giubileo

Le ultime parole di San Vincenzo de’ Paoli, tre ore prima del suo beatifico ultimo respiro, rimangono fonte di speranza in questo quarto centenario della fondazione della Piccola Compagnia. [1]“Grazia”. Questa parola basta a spiegare la particolare coincidenza di un giubileo celebrato durante un giubileo. Dal 1625 al 2025, mentre la Congregazione della Missione si prepara a celebrare i 400 anni della sua istituzione amministrativa, la Chiesa universale è in fermento per la commemorazione giubilare dell’Anno Santo indetto da Papa Francesco, con il tema “pellegrini della speranza”. L’anno 2025 vuole essere un anno di grazia sia per la Chiesa universale che per la Congregazione della Missione. Questa è dunque la vera primavera che inaugura una meravigliosa speranza, portando la luce dove le tenebre sembravano avere influenza, come il processo bioenergetico che fa diventare verdi le piante dove i loro rami sembravano appiccicosi. Possiamo vedere in questo evento provvidenzialmente spettacolare e meraviglioso nella Congregazione il presagio di un futuro rassicurante per la missione. [2]È un’opportunità per tutti i missionari vincenziani di rivestirsi dello Spirito di Cristo, per ottenere la grazia di essere veri e autentici pellegrini della speranza, ispirati dallo Spirito che ci rende liberi di servire e liberi di essere sinodalmente liberi.

Lo Spirito di Cristo rassicura sulla speranza nel servizio ai poveri

[3]“Ricordati, Signore, che viviamo in Gesù Cristo attraverso la morte di Gesù Cristo, e che dobbiamo morire in Gesù Cristo attraverso la vita di Gesù Cristo, e che la nostra vita deve essere nascosta in Gesù Cristo e piena di Gesù Cristo, e che, per morire come Gesù Cristo, dobbiamo vivere come Gesù Cristo”. Questa esortazione cristocentrica di Vincenzo de’ Paoli a Monsieur Portal spiega perché ogni missionario vincenziano deve cogliere l’opportunità di intraprendere il suo pellegrinaggio di speranza in questo quarto centenario della Congregazione. Infatti, se comprendiamo e consideriamo che il Figlio di Dio è egli stesso l’autore della missione, l’esigenza di rivestirci dello Spirito di Cristo sarà accolta come una benedizione, o meglio come un viaggio pieno di speranza, il cui punto di riferimento è il Maestro stesso, come espresso da Papa Francesco: “la speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù”.[4]

I giorni che precedono il Giubileo sono già giorni di speranza audace e attiva. Perché la celebrazione giubilare ha un impatto catalizzatore anche sull’azione missionaria dei vincenziani, chiamati al coraggio e alla compassione di vedere la presenza di Cristo sofferente nella trasparenza delle lacrime di tutti i nuovi crocifissi (i poveri). Tutti i missionari e i pellegrini devono lasciarsi contaminare dall’atteggiamento del Maestro che semina un sorriso, facendo sbocciare una nuova speranza sul volto dei poveri e dei più indigenti. Così lo Spirito di Cristo, incarnato dai missionari, ci dà la possibilità di sperare nell’impossibile in questo Anno giubilare e ci dà nuova forza per affrontare gli imprevisti della missione.

Lo Spirito di Cristo ci rende liberi di servire

L’anno giubilare della Congregazione è un anno di libertà, perché tutti i membri sono animati da uno spirito che li rende liberi di essere al servizio. Questo spirito che anima la Congregazione è quello di Cristo, inviato per servire e liberare. “Lo Spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha unto. Mi ha mandato a portare la Buona Novella ai poveri, a proclamare la liberazione dei prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare un anno favorevole concesso dal Signore” (Lc 4, 18-19). È bene rileggere questo brano lucano con gli occhiali della spiritualità vincenziana, soprattutto in questo Anno Giubilare, che si presenta come un’opportunità provvidenziale per la missione. Il Giubileo della Congregazione è infatti un momento favorevole che il Signore ci concede per rendere sempre più efficace la nostra carità verso i nostri signori e padroni. [5]Per essere più precisi, possiamo prendere in prestito le parole di Papa Francesco, che ci ricorda che durante l’Anno giubilare siamo chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio, i più abbandonati di questo mondo. È indubbiamente vero che lo Spirito di Cristo rassicura la nostra libertà di essere compassionevoli verso chi piange, di stare accanto a chi soffre, di rassicurare chi cammina senza una chiara bussola vitale, di nutrire la fede di chi dubita a causa della sofferenza, di ispirare fiducia a chi teme un futuro incerto. Questo Spirito di libertà riscalda il contenuto delle nostre virtù cristiane e incoraggia ogni vincenziano a coltivare sentimenti di tenerezza, gentilezza, compassione, umiltà, dolcezza e pazienza, e soprattutto amore, che è la disposizione più perfetta e pratica che conduce al bene. È questo l’atteggiamento gratuito della carità che porta speranza al cuore di questa umanità ferita.

Lo Spirito di Cristo ci dona la libertà sinodale

Sotto l’influsso dello Spirito che anima tutta la Congregazione della Missione e ciascuno dei suoi membri, ognuno di noi, in questo Anno Giubilare, beneficia di una libertà che ci rende capaci di apertura e collaborazione, adottando uno stile missionario sinodale. Sappiamo bene che questo è un invito del Magistero ai cristiani ad adottare uno stile sinodale, a camminare insieme, ed è proprio questo che siamo chiamati a fare come pellegrini della speranza, noi che seguiamo Cristo, evangelizzando i poveri. La nostra evangelizzazione, in questo Anno giubilare, dovrà assumere uno stile comunitario di missione che consiste nel camminare con gli altri, adattarsi ai passi degli altri, prestare attenzione agli altri, ascoltare gli altri. In uno dei suoi discorsi, San Vincenzo de’ Paoli evoca questo stile missionario sinodale come un modo efficace di esercitare la carità: “Perché pensate, signori, che Nostro Signore abbia voluto che i suoi discepoli andassero a due a due? Perché ha raccomandato a ciascuno di loro la carità verso il prossimo, e poiché questo prossimo implica una seconda persona, ecco perché li ha mandati a due a due, affinché entrambi si mostrassero continuamente caritatevoli l’uno verso l’altro, e perché se uno di loro fosse caduto, avrebbe avuto qualcuno che lo avrebbe rialzato, o che lo avrebbe incoraggiato nel suo lavoro, se si fosse trovato stanco e affaticato. [6]Signori miei e fratelli, quanto è ammirevole la condotta del Figlio di Dio!” . Ecco perché, in questo anno giubilare, dobbiamo adottare il nuovo stile, guardando insieme al futuro della Congregazione con piena speranza, perché la speranza non inganna.

 

P. André Ngombo, cm

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[1] SV XIII, 189.

[2] RC 1, 3.

[3] SV I, 295.

[4] Spes non confundit, 3.

[5] Cfr. Spes non confundit, 10.

[6] SV XI, 359.