Il documento “Ars celebrandi” di P. Giorgio Bontempi C.M. offre una riflessione approfondita – in 9 parti – sulla liturgia cattolica, evidenziando l’importanza di una celebrazione curata e consapevole, in linea con le direttive del Concilio Vaticano II e la Lettera Apostolica “Desiderio Desideravi” di Papa Francesco.
Parte I
Carissimi/e,
una parte del carisma che san Vincenzo ci ha lasciato è quello della formazione del clero. Per questo ritengo che noi dovremmo essere tra coloro che, più di tanti altri, curano con passione l’attuazione della riforma liturgica scaturita dai documenti del Concilio Vaticano II. Questo vale anche per le Figlie della Carità.
Ricordiamo che alcuni Preti della Missione hanno dato la vita, pagando anche di persona, per l’attuazione della Riforma Liturgica, in primis Mons. Annibale Bugnini C.M., di cui quest’anno ricorrono i 40 anni del suo ritorno alla Missione del cielo, a cui la Chiesa deve molto in campo liturgico (A. BUGNINI C.M. «Liturgiae cultor et amator, servì la chiesa». Memorie autobiografiche. Edizioni Liturgiche, Roma 2012).
Ricordo che questi contributi non intendono avere alcuna autorità, se non quella di un liturgista che dona il suo pensiero ai confratelli e alle consorelle, affinché la nostra vita comunitaria rispecchi sempre di più il desiderio di san Vincenzo e di santa Luisa di vederci vivere come cari amici, in modo che i giovani, che lo Spirito Santo chiama ad essere Lazzaristi e Figlie della Carità, trovino nelle nostre comunità la strada per rispondere alla loro chiamata.
Coloro che non gradiscono ricevere le mie riflessioni si sentano liberi di comunicarmelo. Non intendo essere sopportato. La sincerità è un mezzo che ci aiuta a liberarci dal clericalismo che ha infettato e ancora infetta la Chiesa e ci aiuta a attuare il desiderio dei Fondatori, che è il fondamento della vita cristiana (At. 2, 42 – 48).
La bellezza nel valore dei simboli nella liturgia.
Le nostre celebrazioni non devono scadere nella sciatteria e nel rubricismo (Desiderio Desideravi 22. D’ora in poi DD). Infatti, la celebrazione della Liturgia delle Ore (Lodi – Vespri) che normalmente viviamo insieme e la liturgia eucaristica non debbono risultare cose da fare, per cui lo spazio, il tempo, i gesti, le parole, gli oggetti, le vesti, il canto, la musica, la cura del presbiterio dovrà essere svolta con attenzione e gusto e non con una superficialità pericolosa. È la qualità della celebrazione in tutte le sue parti, in tutti i suoi movimenti che trasmette la bellezza della presenza del Risorto nella sua Chiesa che lo celebra nella liturgia. (DD 23)
È fondamentale in ogni celebrazione il ruolo della presidenza perché, se questo non è svolto come un servizio, ma come un potere autoreferenziale la celebrazione non produce gli effetti dovuti. A tal proposito, ricordo che nella Liturgia delle Ore, o in una liturgia della Parola il servizio di presidenza, in assenza di un ministro ordinato, può essere svolto da un qualsiasi battezzato, qualora ne risulti capace. (Cfr. I PRAENOTANDA DEI NUOVI LIBRI LITURGICI. LITURGIA DELLE ORE SECONDO IL RITO ROMANO, ed. A. Donghi, Ancora, Milano, 1991, pag. 592, n.54).
Quando colui che presiede concentra su di sé diversi ruoli, o non prepara la celebrazione, perché egli deve essere al centro e non il Risorto, il valore della bellezza che porta allo stupore della percezione che il Risorto è presente, non si attua. Ricordo una riflessione di un giovane al termine di una Messa nel giorno di Natale: c’era tutto, ma non c’era nulla!
Questo significa che nella celebrazione di cui parla il giovane, non si era attuato l’immaginario dinamico di cui parlano i Padri della Chiesa: Tu vedi un libro portato solennemente in processione; tu vedi il lettore che proclama la Parola; tu vedi un’assemblea che canta; tu vedi un’assemblea che incede per ricevere il pane ed il vino ma….tu puoi vedere molto di più: puoi vedere IL RISORTO in mezzo alla sua Chiesa! Come accadde ai due di Emmaus!
La sciatteria e l’improvvisazione non attuano l’immaginario dinamico, ma la noia e l’insignificanza.
È bene tener presente, affinché si VEDA il Risorto in mezzo alla sua Chiesa quanto segue:
1. la Messa non è di colui che presiede. Egli compie un servizio alla Chiesa. La Messa è del soggetto celebrante che è l’assemblea riunita attorno alla mensa della Parola e del Pane e del Vino di cui chi presiede è parte (DD 36).
2. Colui che presiede deve aiutare la Chiesa riunita a percepire, a far esperienza del mistero celebrato: con parole e gesti la Chiesa riunita afferma che al centro c’è un Vivente che è percepito nel rito per poi essere accolto quotidianamente nel volto dei fratelli. Viviamo ciò che celebriamo, celebriamo ciò che viviamo. (SC 48). Altrimenti la liturgia è tempo perso, perché non è magia.
In seguito, brevemente, tratterò le varie parti della celebrazione eucaristica, con riferimento anche alla celebrazione liturgica in generale.
Ricordiamoci e ricordiamo ai cristiani, ingannati da quella parte di clero che subdolamente si oppone ai decreti del Vaticano II, che coloro che non riconoscono l’autorità di una delle costituzioni dell’ultimo Concilio, si pongono fuori della Chiesa cattolica: nel nostro caso mi riferisco alla Costituzione conciliare SACROSACTUM CONCILIUM sulla sacra liturgia del 4 dicembre 1963.
Teniamo presente che, dietro ogni questione liturgica, c’è il concetto di chiesa che un cristiano ha in mente. Ora, quando un battezzato mette in dubbio la costituzione conciliare suddetta, egli dubita del concetto di chiesa che il Concilio ha espresso, per questo motivo questi si pone autonomamente fuori della Chiesa.
Di P. Giorgio Bontempi C.M.