Riflessione per la Quarta Domenica di Quaresima  Anno C

Letture: Giosuè 5:9a. 10 – 12; II Corinzi 5:17 – 21; Luca 15:1-3. 11 – 32.

   Quando un missionario cade, il mondo , spesso fa presto  a condannare il missionario e a dimenticare tutte le buone azioni che egli  ha fatto per amore di Dio e dell’umanità.  Per  quanto un missionario compia grandi sforzi, affidandosi fermamente alla grazia di Dio per perseverare, la possibilità di una debolezza invadente che potrebbe portare ad una caduta, mentre risponde alla chiamata missionaria ,non può essere completamente esclusa, dato che il missionario è un essere umano con una natura fragile. La sofferenza di un missionario caduto aumenta terribilmente quando coloro che dovrebbero aiutarlo a sollevarsi sono spesso quelli  che continuano a lasciarlo affossare di più.. 

   Le letture rivelano il volto misericordioso e il cuore compassionevole di Dio nostro padre verso di noi. Nella prima lettura del libro di Giosuè 5:9a, il Signore disse a Giosuè: “Questo giorno ho allontanato da voi il rimprovero dell’Egitto.”. Vorrei mettere in relazione il termine “rimprovero” col peccato. In Proverbi 14:34, la scrittura dice: “la giustizia fa onore a una nazione, ma il peccato è un rimprovero per  qualsiasi popolo”. Dio allontana  i nostri peccati quando cerchiamo il suo volto con sincerità di cuore attraverso una vera contrizione. Quando un missionario cade, egli deve cercare la misericordia di Dio ed essere sicuro che sarà perdonato di tutti i suoi peccati. La seconda lettura del II Corinzi 5:17 ci dice: “Se uno  è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove “. 

Nel Vangelo, viene chiaramente messa in luce l’immagine del primo paragrafo di questa riflessione. Mentre il padre del Figliol Prodigo accolse il figlio perduto con un caloroso abbraccio, suo fratello maggiore si arrabbiò e si rifiutò di unirsi alla festa per il  ritorno del fratello minore.

Non è forse possibile, oggi, trovare lo stesso atteggiamento   del fratello maggiore nella parabola del figliol prodigo, nella nostra esperienza di vita comunitaria nella Congregazione? 

Se un missionario caduto venisse lasciato a terra, non ci sarebbe  bisogno di avere una Comunità. Se un missionario caduto rifiutasse di essere aiutato dalla Comunità, allora potrebbe non avere bisogno di essere un membro della Comunità. Dovremmo essere i custodi di nostro fratello. Tuttavia, il nostro fratello dovrebbe permetterci di essere suoi custodi, per realizzare il disegno di Dio. Nelle parole di San Vincenzo de’ Paoli, leggiamo “Una grande disunione può sorgere nella Comunità quando manca la carità, e anche l’unione e quindi non c’è nessuna comunità, perché ciò che la mantiene insieme è l’unione dei cuori” [Conferenze alle figlie della carità , 11 luglio 1646-1651, 325].

P. Agostino Abiagom, CM

Provincia di Nigeria